domenica 31 agosto 2008

Michel Faber: Il petalo cremisi e il bianco


Novecentottantotto pagine, da leggere tutte d'un fiato: Il petalo cremisi e il bianco di Michel Faber, Einaudi, uno dei libri più belli che ho letto negli ultimi anni.
Lo scrittore sostiene di aver dedicato 20 anni alla stesura del romanzo, la storia di Sugar una giovane prostituta, bella e intelligente, che vive nella Londra vittoriana di fine 800 e che ha una gran voglia di abbandonare l'orrido ambiente in cui vive.
Un romanzo storico visto, però, attraverso il telescopio dei nostri tempi (non si è avvolti dalla storicità perché la storia viene narrata con i ritmi e la spicologia odierna).
Descrizioni particolareggiate e continuo dialogo del narratore con il lettore fanno di questo libro una chicca da cui è davvero difficile staccarsi: ho trascorso notti in cui mi era impossibile posare il libro e dormire. Ci si affeziona talmente al personaggio (che poi vuol dire affezionarsi allo scrittore che in modo evidente si pone dalla parte di Sugar...Sugar è Faber, Faber è Sugar) che giunti alla fine della storia tanto accuratamente, e per nulla noiosamente, narrata si desidera che le pagine si moltiplichino o si clonino all'infinito.
Davvero avrei voluto tenermi Sugar sempre con me, una Sugar resa così reale e tangibile, come reali e tangibili sono i luoghi con i loro odori e chiaroscuri.
Fantastico, semplicemente un libro fantastico. Sono curiosa di vedere se l'autore riuscirà mai ad eguagliarsi o superarsi.
Intanto ho scoperto che è uscito un altro libro di Faber in cui si parla ancora dei personaggi de Il petalo cremisi e il bianco: Natale in Silver Street. Dovrò assolutamente procurarmelo con la speranza di non restarne delusa.
L'unica cosa per cui mi rammarico è non avere avuto la possibilità di leggere il testo in inglese (perché l'inglese non lo parlo), nella versione originale. Perché ho sentito dire che l'accuratezza delle descrizioni prosegue anche nella scelta del linguaggio, differente da personaggio a personaggio e specialmente evidente nei diari di Agnes; tutto questo nella traduzione non risulta così chiramente. Un vero peccato.
E così, ancora una volta mi pongo una domanda: quanto è importante il lavoro dei traduttori e quanto troppo poco viene loro riconosciuto il merito (o il demerito) per il loro lavoro. Eppure pur ammirando profondamente il loro lavoro sono consapevole del fatto che dietro ogni traduzione di un romanzo si perda parte del romanzo stesso.

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